L’intelligenza artificiale e la sua presenza nella vita di tutti i giorni diventerà sempre più evidente ed è per questo che è giusto fare alcune riflessioni su come sfruttarla all’interno del marketing.
Perché, esattamente come quando sono arrivati gli strumenti che permettevano di produrre arte digitalmente, per quanto possano sembrare distruttivi dello status quo, tutti quegli strumenti che adesso portano una IA dentro la routine a lungo andare diventeranno solo un altro tool nella cassetta degli attrezzi di chi lavora in determinati settori.
L’occasione per tornare a parlare di intelligenza artificiale è il PPC Trends 2024 pubblicato da Search Engine Journal. Nell’edizione di quest’anno non poteva non esserci spazio per quello che è il trend più evidente del presente e del futuro (soprattutto a breve termine). Da una parte ci sono tutte le domande che ancora non hanno risposte univoche, per esempio quelle riguardo il copyright, e poi ci sono tutte le questioni aperte sul modo in cui una IA possa essere effettivamente integrata all’interno del lavoro di marketing. Che cosa puoi affidare a un cervello sintetico e che cosa invece è sempre bene lasciare a un cervello umano? Quali sono i principi che dovrebbero incanalarsi nel momento in cui si decide di utilizzare questo strumento così avanzato rispetto ad un altro?
Il report PPC 2024 è una delle migliori letture che che si occupa di marketing può fare nel corso dell’anno. Curato da personalità tra le più importanti tra quelle che operano proprio nel marketing, l’edizione 2024 si concentra ovviamente in buona parte sulla intelligenza artificiale.
Un primo spunto di riflessione viene dalle parole di Ben Steele, Senior Editor, cui viene affidata l’introduzione. Steele ricorda infatti in poche parole un errore che non andrebbe mai commesso con l’intelligenza artificiale: dimenticarsi dell’aspetto umano. Perché, come scrive, anche se l’intelligenza artificiale “è un requisito pratico per il successo di un PPC” non si può affidare tutto a una IA. Perché per quanto vogliano essere modelli linguistici avanzati, in grado per esempio di evocare una immagine a partire solo da una serie di parole, non sono in grado per esempio di “riconoscere l’umanità nei membri dell’audience per trovare un punto di contatto“.
Ma soprattutto, e questo sembra in contraddizione con quello che diremo dopo ma in realtà ha senso, “non possono costruire messaggi cross platform eccezionali e coesivi per nutrire i consumatori attraverso le loro esperienze di acquisto che diventano sempre più complesse“. Eppure sembrerebbe proprio questo quello che si richiede all’intelligenza artificiale. E lo si fa commettendo quello che è un grande errore e che è la terza svista che non andrebbe mai commessa: affidarsi completamente all’intelligenza artificiale generativa nella costruzione delle campagne ad. A ricordare questo principio è Amy Hebdon, fondatrice e managing director di Paid Search Magic.
Nel suo contributo al PPC Trends 2024 Hebdon ricorda che nei confronti dell’intelligenza artificiale generativa ci sono solo due cose che sono sostanzialmente errate: evitarla a tutti i costi o affidarsi completamente ad essa nella creazione dei contenuti delle campagne di marketing. Il doppio errore provoca ovviamente risultati che sono diversi ma ugualmente penalizzati. Perché l’intelligenza artificiale generativa non può produrre un testo perfetto come potrebbe un intelligenza umana e quindi immaginare che un prodotto totalmente digitale sia ha curato al 100% (e quindi non abbia bisogno di una supervisione da parte di un esperto) può portare a campagne totalmente fuori tono se non addirittura foriere di azioni legali.
Dall’altra parte l’errore uguale al contrario è quello di cancellare la presenza dell’intelligenza artificiale generativa a tutti i costi, pensando che i buoni vecchi metodi del fatto a mano siano migliori. Come abbiamo già consigliato più volte, quello che devi fare è prendere il tool per quello che è: un modo per parlare con te stesso e avere allo stesso tempo un punto di vista leggermente diverso dal tuo.
Puoi per esempio chiedere a ChatGPT, Hebdon stessa in chiusura del suo intervento ricorda come non sia assolutamente necessario acquistare nessun tipo di abbonamento, di aiutarti a fare mente locale su quelli che possono essere gli argomenti dei tuoi prossimi post sul blog oppure di darti qualche idea su come strutturare le didascalie ai posti su Instagram. Decidere poi di utilizzare con una forma di copia e incolla quello che ha prodotto l’intelligenza artificiale senza metterci del tuo è ovviamente possibile ma non è consigliato. Che cosa quindi si può fare con una intelligenza artificiale adesso e da qui almeno al prossimo anno?
Inserire l’intelligenza artificiale all’interno del tuo workflow potrebbe risultare più o meno complicato. Non sarà però più o meno complicato di quando hai deciso di scegliere lo strumento per coordinare l’attività di chi opera insieme a te online o di quando hai deciso che sistema operativo avere sui computer aziendali.
Come già accennato, quello che puoi fare con una IA è avere ha a disposizione uno strumento in più per essere creativi. Ma come ricordato ancora da Steele in un altro degli interventi all’interno del volume PPC Trends 2024 ci sono cose per cui l’intelligenza artificiale va molto bene e altre per cui non va assolutamente bene: “la IA è un perno quadrato, attenzione ai buchi rotondi“. Non si può fare tutto con l’intelligenza artificiale ma alcune cose sì. Una cosa che per esempio riesce molto bene all’intelligenza artificiale è quella, con i giusti input, di creare un’esperienza per l’utente finale che lo faccia sentire effettivamente al centro.
È per esempio il consiglio questo di Alex Macura, fondatore e CEO di Your Digital Assembly, che ricorda come “i clienti vogliono sentirsi riconosciuti per questo qualunque brand che si prenda del tempo per curare un’esperienza di acquisto specificatamente per loro guadagna trazione“. È per questo motivo che potresti decidere di implementare gli strumenti di intelligenza artificiale generativa per far sì che gli spazi ad o ciò che si trova addirittura sul tuo sito risponda alle richieste specifiche di un utente.
Un altro aspetto positivo che potrebbe portare l’implementazione dell’intelligenza artificiale è quello, paradossalmente, di aiutarti a concentrare la tua attenzione sull’apporto umano dei creativi che lavorano con te e per te. Perché se immaginiamo un mondo in cui tutto il marketing fa affidamento sugli stessi quattro strumenti di IA per produrre campagne rischiamo di avere spot, claim, immagini e testi di PR tutti uguali. È per questo motivo che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale deve essere centellinato e focalizzato, per lasciare poi al creativo umano spazio per parlare la propria lingua con altri esseri umani. Il tempo, fisico e mentale, che si può liberare lasciando che l’intelligenza artificiale automatizzi e gestisca alcuni aspetti delle tue campagne di marketing può essere per esempio impiegato per trovare nuovi modi con cui raggiungere il tuo target audience. E questo per esempio il consiglio che dà di nuovo Macura.
Immaginando per esempio che tu abbia creato una campagna di marketing con una serie di post su Instagram, anziché stare lì a guardare le metriche mentre le didascalie e le immagini create per te dal cervello digitale attirano persone, quello che dovresti fare è lanciarti sul social e parlare con chi lascia un commento. Perché proprio l’arrivo dell’intelligenza artificiale e il modo in cui cambierà, lo sta già facendo, il panorama della comunicazione online porterà i clienti (e le persone in generale) sempre più alla ricerca di una persona vera con cui parlare e da ascoltare. Questa è da ultimo la realtà e la verità che nessuno dovrebbe mai dimenticare: per quanto uno possa tagliare i costi niente può sostituire la conoscenza e la consapevolezza che dall’altra parte dello schermo c’è un essere umano che come tale, con i suoi piccoli difetti e le sue grandi ambizioni, può comprendere ad un livello superiore a quello meramente linguistico ciò che ci si sta dicendo.
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