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Come Google ha modificato la privacy policy e cosa c’entra con Bard

Published by
Valeria Poropat

Google ha, in silenzio, modificato alcune parole che potremmo definire parole chiave della sua privacy policy e questi cambiamenti hanno molto a che fare con Bard. Ma anche in modo?

Google Bard, l’intelligenza artificiale sviluppata dalla grande G, ha superato i problemi relativi alla privacy e alla raccolta dei dati in Europa e in Canada ed è diventato il nuovo giocattolo che puoi sperimentare direttamente anche in lingua italiana.

Google cambia la privacy policy e infila Bard – sos-wp.it

Sulla falsariga di ciò che offre Bing di Microsoft nella sua versione chatbot, Google Bard risponde alle domande in linguaggio naturale ed è in grado di organizzare le informazioni in una maniera più accattivante e user friendly. Come per tutti i modelli di intelligenza artificiale, anche Google ha ovviamente dovuto allenare la sua intelligenza artificiale con testi, immagini, informazioni di vario tipo in modo da metterla nelle condizioni di rispondere alle domande e alle richieste degli utenti.

Ma che c’entra questo con la privacy policy? Nella versione ultima giornata alcune parole sono state cambiate e anche se si tratta veramente di una manciata di caratteri sono il segnale che forse è il caso di prendere sul serio la questione di che cosa condividi online.

Google Bard ti ascolta, attento a cosa condividi

Che per utilizzare i servizi di Google o di (quasi) qualunque altro gigante della tecnologia tu debba in qualche modo essere consapevole che stai, tecnologicamente parlando, vendendo l’anima al diavolo è cosa risaputa. Ma con l’esplosione dell’intelligenza artificiale e soprattutto nel momento in cui è stato chiaro come le intelligenze artificiali, generative e non, sono state addestrate a produrre quelle affascinanti risposte che sembrano tanto reali, è tornata alla ribalta la questione relativa ai dati personali.

Google Bard ti ascolta, ti legge e ti usa per fare esercizio – sos-wp.it

Uno dei primi esempi del modo in cui ciò che c’è su internet è stato sfruttato solo perché presente online è ciò che è capitato con tanti servizi che hanno a che fare con le immagini, allenati con tutta una serie di foto e opere digitali e non. Emblematico il caso, nel caso, di Getty Images che ha portato in tribunale Stability AI per avere utilizzato le foto presenti sulla piattaforma senza permesso andando a violare quindi i diritti della piattaforma.

Adesso la questione torna prepotente di nuovo. E proprio perché Google ha deciso di cambiare parte della sezione che riguarda le informazioni pubblicamente disponibili che ora potrebbero essere usate anche per addestrare Bard. Alcune dichiarazioni accessorie fatte dalla società chiariscono che l’aggiunta di Bard è solo questo, una aggiunta, e che comunque la società continua a tenere i suoi “principi sulla IA” e sulla “salvaguardia della privacy “. Ma ora che ciò che pubblichi potrebbe tranquillamente essere utilizzato come materiale anche per allenare l’intelligenza artificiale forse sarebbe il caso di prendere coscienza di tutto ciò che pubblichi e di tutte le informazioni che diffondi. E trovare, se questa prospettiva non ti piace, sistemi alternativi a Google e ai suoi servizi.

Valeria Poropat

Laureata in traduzione, Valeria adora da sempre la tecnologia in ogni sua forma e in particolare ai modi in cui la tecnologia può aiutare ad avvicinare le persone e stimolare la curiosità.

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