Uno degli annunci più recenti di Google riguarda Offerwall. Un servizio che potrebbe essere molto utile per quei siti web il cui punto nevralgico sono i testi, i contenuti nuovi, quindi in buona sostanza la parte più affine ai blog ma non solo.
Il servizio di Offerwall è rimasto in fase di sperimentazione per un po’ ma adesso entra di diritto nel potenziale arsenale che Google immagina i creatori di contenuti potranno utilizzare per continuare a monetizzare quello che sanno fare meglio: creare contenuti per l’appunto.
C’è da dire che Offerwall non è un servizio rivoluzionario in termini di quello che fa a un livello basico, ma trattandosi di un servizio offerto da Google si integra perfettamente con tutti gli altri sistemi di monetizzazione legati alla società della grande G che potresti avere attivato sul tuo sito web.
Per capire come funziona Offerwall andiamo a guardare quello che è l’annuncio ufficiale sul blog della società della grande G. Offerwall viene presentato come un nuovo sistema per monetizzare il contenuto di chi pubblica online “al di là degli spazi Ad tradizionali utilizzando Google Ad Manager“.
Lo strumento viene poi definito “flessibile“. Quello che è molto interessante già nelle prime righe dell’annuncio è che viene contemporaneamente proposto come un modo che aiuta i creatori di contenuti a monetizzare in maniera ottimale quello che offrono e allo stesso tempo anche come un modo per cui gli utenti finali possono scegliere come supportare gli stessi creatori.
Utilizzando Offerwall, in pratica, si possono creare dei paywall dinamici. È possibile dare diverse opzioni agli utenti: guardare per esempio un breve spot pubblicitario, partecipare a un sondaggio, effettuare una micro-transazione per sbloccare il contenuto, oltre all’abbonamento tradizionale.
Quello della monetizzazione è un aspetto della produzione di contenuti che adesso diventa di fondamentale importanza, soprattutto perché con le intelligenze artificiali che scremano e deviano il traffico occorre in qualche modo, questo è chiaramente il pensiero di chi vive dei propri siti web, che le visite di chi effettivamente poi arriva sul sito fruttino qualcosa (anche per ammortizzare le visite mancanti).
Il sistema offerto da Offerwall è abbastanza malleabile da comprendere anche opzioni del tutto personalizzabili, per esempio un contenuto che si sblocca solo se ci si iscrive alla newsletter.
In questo modo chi pubblica contenuti può comunque tentare di ottenere un risultato che va al di là della semplice visita. Allo stesso tempo, fornendo delle alternative ai paywall tradizionali, si può ampliare il bacino di utenti potenziali. Vediamo nel dettaglio questo aspetto.
La maggior parte dei siti web che si trova ora online, in un modo o nell’altro, cerca di monetizzare la propria presenza e i propri contenuti.
Alcuni dei sistemi tradizionali sono quelli per esempio di offrire abbonamenti, contenuti esclusivi solo a pagamento, bloccare la visione di alcuni contenuti se non si fa login e così via. Si tratta questi di tutti i sistemi di paywall.
In alcuni casi il paywall è attivo a prescindere, perché il contenuto su cui l’utente capita è di per sé già destinato a un pubblico pagante, altre volte il paywall per esempio si attiva solo dopo un certo numero di contenuti gratuiti che sono stati visionati.
Tutto questo fa sì che gli utenti finali siano comunque già abituati all’idea che alcuni dei siti web che possono casualmente visitare potrebbero non rendere disponibile la totalità dei contenuti al loro interno.
E allora per loro, se il paywall è di tipo tradizionale, le opzioni sono limitate. Possono decidere di abbonarsi o chiudere semplicemente la finestra. Si tratta di una scelta piuttosto drastica.
Quello che rende invece Offerwall un po’ più interessante è la possibilità da parte di chi offre i contenuti di modulare le richieste nei confronti degli utenti.
Essere per esempio consapevoli che nella nicchia in cui ci si muove molta concorrenza ha adottato un paywall tradizionale potrebbe effettivamente far propendere per l’attivazione di un servizio leggermente diverso, in maniera tale che tutti quegli utenti ancora interessati all’argomento ma che non hanno l’abitudine o l’interesse a pagare un abbonamento tradizionale possano trovare un altro modo per continuare a leggere i contenuti che loro interessano.
Del resto, anche se sembra una novità, niente, neanche quello che è gratis su internet in realtà lo è mai stato.
Solo che adesso anche la presenza su internet si è trasformata in un vero e proprio business e i modelli di monetizzazione risultano molto spesso evidenti e aggressivi.
Utilizzare un servizio come quello offerto da Google può rivelarsi una soluzione più soft. Se per esempio offri a un utente la possibilità di leggere un contenuto dopo aver guardato 15 secondi di spot pubblicitario, potresti scoprire che molti utenti sono in realtà disposti a regalarti questi 15 secondi.
Un meccanismo mentale di questo tipo può poi portare naturalmente, e senza che tu debba aumentare l’ingombro del paywall, a un abbonamento da parte di quello stesso utente che, dirottato sui tuoi contenuti perché sono comunque disponibili più facilmente rispetto alla concorrenza più aggressiva, ritiene tu sia non solo un’ottima fonte di informazioni ma anche una persona onesta e più trasparente.
Come per tanti dei passaggi per esempio che avvengono nel percorso che portano un utente a diventare un cliente di un sito di e-commerce, anche nella gestione della monetizzazione dei contenuti occorre tenere presente che per prima cosa bisogna costruire un rapporto di fiducia, senza dare l’impressione di creare nell’utente l’urgenza di dover aprire il portafoglio.
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