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Le “Pagine Gialle” di Google spariranno con l’intelligenza artificiale

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Valeria Poropat

Da qui ai prossimi dieci anni l’home page di Google sarà totalmente stravolta al punto tale che non la riconosceremo più. Ma forse neanche ci importerà, perché saremo tutti impegnati a chiedere all’intelligenza artificiale cose in un linguaggio molto più naturale.

Probabilmente non te ne sei mai accorto ma nel momento in cui cerchi di chiedere qualcosa a Google ormai adotti alcune strategie per ridurre al minimo la possibilità che il sistema di ricerca tra i più diffusi sul pianeta sbagli nel darti le risposte. Un esempio?

Le ricerce su Google non si faranno più? – sos-wp.it

Quando vuoi che le parole che utilizzi nella tua ricerca vengano rintracciate esattamente nell’ordine in cui ti servono utilizzi le virgolette, oppure se hai necessità che tra i risultati vengano esclusi quelli in cui una determinata parola chiave è accompagnata da altre parole chiave devi creare una lista di queste parole accompagnate dal segno meno.

Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale e la sua implementazione anche nella ricerca online tra non molto potresti dover smettere di ricordarti come si parla la lingua di Google perché sarà Google a parlare la tua lingua. Ad essere convinto che questa è la strada anche Mustafa Suleyman, fondatore di DeepMind, ex Google a sua volta, e che adesso ha avviato una nuova startup che, neanche a farlo apposta, ha a che fare con l’intelligenza artificiale: Inflection AI.

Durante una intervista al podcast No Priors, Suleyman ha infatti fatto quella che è la sua previsione del panorama delle ricerche dei prossimi dieci anni. Un panorama in cui anche il modello stesso di Google, che Mustafa Suleyman definisce un modello alla Pagina Gialle, dovrà cambiare se la società non vuole perdere il suo ruolo dominante e tutti gli introiti generati dalla vendita degli spazi pubblicitari a chi cerca disperatamente di trovare un posto al sole.

Parleremo con l’intelligenza artificiale e lei ci risponderà, la previsione

Come sottolineato dallo stesso Mustafa Suleyman “abbiamo imparato a parlare la lingua di Google. È un ambiente folle“. E effettivamente per ricevere da Google le risposte più adeguate a quello che si cerca di solito si devono buttare alle ortiche tutte le principali regole di grammatica, magari passando direttamente alla lingua inglese piuttosto che all’italiano. Ma adesso “quel momento è passato ” prosegue il cofondatore di DeepMind, soprattutto perché l’arrivo di ChatGPT, Bard e Bing AI hanno dimostrato che ormai i computer sono in grado di capirci se gli parliamo come parliamo ad un altro essere umano.

Il fondatore di DeepMind vede un futuro con tanta intelligenza artificiale ma senza Google? – sos-wp.it

Per questo motivo è logico immaginare che nel futuro le persone vogliano essere ascoltate e vogliano parlare non più nella lingua di Google ma nella propria riuscendo ad avere risposte pertinenti. Questo significa che quella conversazione “profondamente dolorosa” che sono i risultati che Google fornisce in base a ciò che gli si chiede sparirà come sparirà lo spazio in cui scrivere la propria richiesta. Non ci sarà più quindi quel modello “da Pagine Gialle degli Anni ’80” cui ormai ci siamo da soli abituati e addestrati.

Il cambiamento dell’arrivo dell’intelligenza artificiale, ovviamente, porterà con sé anche cambiamenti al modo in cui i contenuti vengono offerti e proposti dato che se prima, o meglio adesso, Google mostra come primi risultati quelli che secondo le sue metriche sono i contenuti su cui gli utenti stanno più a lungo, e che vengono per questo valutati migliori, un domani l’intelligenza artificiale non potrà semplicemente fermarsi a quei contenuti in cui il testo è più lungo ma finiranno con l’essere premiati quei testi che effettivamente forniscono risposte.

A ognuno la sua IA

Suleyman, parlando del futuro di Google, ovviamente a sua volta non può non portare avanti anche quella che è la sua concezione di futuro, che è quella secondo cui tutti avremo una nostra “IA personale“. Un progetto su cui proprio la società fondata da Suleyman sta lavorando con l’acronimo di PI, personal intelligence. Qualcosa che, nella descrizione del co-fondatore di DeepMind, farà in pratica tutto il lavoro di ricerca al posto dell’essere umano imparando ciò che all’umano piace e fornendorglielo senza passare più però attraverso i link e i contenuti nel modo in cui gli esseri umani si interfacciano adesso con la rete. Il che significa che poi anche i contenuti stessi cambieranno.

Valeria Poropat

Laureata in traduzione, Valeria adora da sempre la tecnologia in ogni sua forma e in particolare ai modi in cui la tecnologia può aiutare ad avvicinare le persone e stimolare la curiosità.

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