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Nasce la SEOntology: L’IA ci porta a questioni filosofiche importanti

Published by
Valeria Poropat

L’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, sta entrando sempre di più nell’attività che si svolge in rete ogni giorno.

Abbiamo già più volte trattato l’argomento e cercato di trovare modi per utilizzare gli strumenti di intelligenza artificiale consapevoli di quelle che sono ancora tutte le questioni aperte legate a questo strumento.

Ma mentre cerchiamo di navigare questo aspetto, proprio l’intelligenza artificiale generativa continua a correre. Quello che per esempio fanno (più o meno bene) le AI Overviews e il modo in cui OpenAI ha intenzione di aggredire il mercato dei motori di ricerca ci mettono di fronte a tutta una nuova serie di sfide che riguardano anche la SEO.

E per quanto l’intelligenza artificiale, generativa e non, sembri rendere tutto più facile in realtà rende tutto un po’ più ingarbugliato per chi con la SEO deve lavorare. Per provare a capirci qualcosa andiamo a guardare a quella che Andrea Volpini di Search Engine Journal chiama SEOntology.

SEOntology, ovvero l’ontologia della SEO

Quali sono le regole della SEO? Come si fa a farsi amare dai motori di ricerca e dagli utenti allo stesso modo? Per quanto Google, in qualità di principale motore di ricerca, cerchi di dare qualche istruzione e qualche piccolo consiglio su come costruire i propri contenuti, i termini sono molte volte sfuggenti anche se tutti, a intuito e per esperienza, riusciamo a muoverci tra di loro.

Con l’intelligenza artificiale generativa che si prepara a rimettere tutto nel frullatore, sia per gli utenti sia per chi lavora sui siti, c’e bisogno di qualcuno che costruisca una cornice in cui tutti possiamo lavorare un po’ più serenamente. Questa è l’idea spiegata da Volpini nel video pubblicato su YouTube sull’account ufficiale di Search Engine Journal dedicato alla SEOntology.

Nella definizione data da Volpini, la SEOntology è qualcosa che assomiglia a un vocabolario di terminologia condivisa tra esperti di un settore ma si distacca dal semplice vocabolario perché riesce a dare visivamente il collegamento tra i diversi termini che vengono utilizzati. Il framework ha un suo spazio su GitHub.

Ma perché c’è bisogno di questo vocabolario nei fatti e come può essere utilizzato? Il suo scopo ultimo è quello di rendere più facile parlarsi anche se si stanno utilizzando convenzioni diverse nel nominare gli stessi elementi per valutare le performance di un elemento della propria strategia SEO.

Se siamo tutti d’accordo sulla nomenclatura e su che cosa ciascun elemento significa si possono più rapidamente confrontare i dati, anche usando strumenti di IA. E il confronto dei dati, che così avviene più velocemente, consente anche di plasmare la propria strategia in modo più veloce perché risponda a quelli che sono i bisogni espressi dagli utenti.

Lo scopo finale di qualunque strategia SEO è dare agli utenti modo di conoscere i contenuti di una realtà che potrebbe rispondere a una sua domanda, a un bisogno, a una necessità. Se cambia la lente attraverso cui l’utente cerca le risposte alle proprie domande, il pericolo di andare in ordine sparso aumenta come aumenta il rischio di perdere tempo su quelle pratiche che non funzionano più o che non funzionano più come prima.

Avendo tutti modo di guardare alla terminologia della SEO nello stesso modo, utilizzando per esempio lo strumento della SEOntology, si individuano più facilmente i punti critici e le nuove possibilità. Punti critici e possibilità che vengono principalmente dalle nuove frontiere in cui i motori di ricerca, come dicevamo prima, lavorano con l’intelligenza artificiale fuori da quelli che sono i dataset che le sono stati affidati e possono esplorare tutta la rete.

L’utilizzo della SEOntology, però, può andare anche in una direzione nuova: quella di creare degli agenti di intelligenza artificiale che attraverso le informazioni che si possono trovare nella SEOntology aiutano gli esperti di SEO a lavorare meglio. In questo, prosegue la spiegazione di Volpini, quello che SEOntology può fare è “automatizzare i compiti complessi” senza però dare all’intelligenza artificiale il controllo totale.

Il pericolo che molti esperti hanno da tempo chiarito è proprio quello che molti potrebbero convincersi che l’intelligenza artificiale possa superare il bisogno di avere esperti umani. Ma per almeno il prossimo futuro, e probabilmente mai, non ci sarà in realtà modo di escludere totalmente il controllo dell’essere umano. Con strumenti addestrati a dovere, però, il controllo può essere più facile.

Nessuno metterà l’intelligenza artificiale nel posto di guida, spiega ancora Volpini, ma con strumenti come quello che rappresenta SEOntology, l’intelligenza artificiale può essere un valido copilota. Ed è molto interessante la lista compilata da Volpini di quegli aspetti per i quali l’intelligenza artificiale non potrà mai prendere il posto di un essere umano.

L’elemento umano nella SEO

Per quanto possa essere affascinante l’idea di avere a portata di mano un vocabolario di termini che possono aiutare un’intelligenza artificiale a comprendere quello che si vuole da una strategia SEO, questo è il ragionamento di Volpini, l’elemento umano non può essere eliminato dall’equazione.

L’elemento umano non può essere eliminato. – sos-wp.it

Non possiamo quindi essere solo la scimmietta che tira la leva della slot machine. L’intelligenza artificiale ha lo scopo di farci lavorare meglio. E a riprova di questo Volpini lascia un elenco di quegli aspetti che solo un essere umano esperto di SEO può comprendere.

Per esempio, i bisogni e i limiti del singolo cliente. Affidare a un’intelligenza artificiale la creazione di una propria strategia SEO significa avere una risposta che è un po’ come il gelato alla panna: potrebbe andar bene per qualcuno ma per tutti gli altri c’è bisogno di qualcosa in più.

Solo un essere umano che sa quali possono essere i problemi di una impresa specifica e quali sono i suoi bisogni in termini di SEO è in grado di creare la ricetta giusta. Una ricetta che poi può essere affidata all’intelligenza artificiale per la creazione di un piano ma non sarà più il piano alla panna ma sarà un piano con il giusto dosaggio degli ingredienti.

Altro aspetto umano che non si può cambiare è quanto gli esseri umani vogliono migliorare la propria condizione e il proprio ambiente, compreso quello impalpabile del web. L’intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa, può essere utilizzata anche per scopi non positivi ed è quindi necessario che ci sia sempre l’elemento umano a cercare invece di tirare fuori il meglio di quello che riusciamo a concepire online.

Da ultimo c’è da ricordare che la SEO non è scritta nella pietra e che quindi c’è bisogno di essere resilienti e in grado di risolvere nuovi problemi in modi nuovi oppure guardare a questioni già affrontate da punti di vista diversi. L’intelligenza artificiale può imparare ma, e sarà capitato almeno una volta, ogni tanto si fa prima a fare le cose da soli che non ad aspettare che altri imparino.

Valeria Poropat

Laureata in traduzione, Valeria adora da sempre la tecnologia in ogni sua forma e in particolare ai modi in cui la tecnologia può aiutare ad avvicinare le persone e stimolare la curiosità.

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