Se costruisci un sito multilingua, è molto probabile che tu abbia deciso di implementare il tag hreflang.
Ma qual è il suo reale scopo? Serve ancora oppure è un inutile elemento in più di cui occorre occuparsi?
Vediamo cosa ne pensa Mister Google in persona, interpellato online a proposito, e quello che dovrebbe essere il modo corretto per utilizzare questo tag.
Lo spunto per tornare a parlare di siti multilingua, in particolare del tag hreflang, è uno scambio di messaggi avvenuto su Blue Sky tra Mister Google in persona, John Mueller, e Neil McCarthy, esperto di SEO.
McCarthy ha infatti pubblicato un post in cui sembrava che Google ignorasse la presenza delle istruzioni hreflang per mostrare correttamente agli utenti nelle diverse aree in cui si parla la lingua francese il contenuto adeguato.
Mueller ha risposto sottolineando un concetto che va sempre tenuto a mente: non tutto quello che facciamo per la SEO e per apparire nella SERP viene preso in considerazione con la stessa importanza.
Per il caso specifico, prima di controllare da vicino la situazione dei siti cui McCarthy faceva riferimento, Mueller aveva per esempio ipotizzato il fatto che si trattasse di un modo con cui i sistemi di Google semplificano i risultati perché identificano la stessa lingua.
Creano un binario che porta a quello che viene considerato il link canonical e quindi ignorano anche il tag hreflang. Questo perché, ed è ciò di cui parliamo oggi, il tag hreflang non è un obbligo che Google segue in modo preciso.
Anche perché sennò non si spiegherebbe il fatto che un link canonical potrebbe mettersi di traverso e prendere il sopravvento.
Il tag va quindi considerato più come un suggerimento che chi crea siti multilingua fa a Google, per far sì che la versione corretta venga mostrata in tutti i mercati che si vogliono raggiungere.
Ma in caso di conflitto, soprattutto per quelle che possono essere percepite come varianti di una stessa lingua, Google decide molto spesso per il canonical.
Non è la prima volta che, nelle spiegazioni che John Mueller dà online a problemi di utenti che lo interpellano direttamente, scopriamo che tanto di quello che pensiamo essere un obbligo e che tanto di quello che pensiamo essere un modo sicuro per ottenere un certo risultato non è altro che un consiglio che proviamo a dare al motore di ricerca.
Con il tag hreflang sembra essere questa la situazione.
Il tag ha un suo utilizzo ed è importante continuare ad utilizzarlo. Sembra un controsenso, ma la presenza del tag, anche se abbiamo scoperto essere un consiglio più che un obbligo, aiuta comunque di più il motore di ricerca che non incrociare le dita e sperare che l’indicizzazione avvenga nel modo corretto per le varie lingue con cui abbiamo costruito il nostro sito.
Non essendoci una penalizzazione, puoi tranquillamente continuare ad utilizzare il tag per indicare quale lingua viene utilizzata nella versione di riferimento espressa dal link.
Un modo in cui per esempio l’utilizzo di questo tag aiuta nel posizionamento è se si hanno varianti geografiche in cui la lingua sembra essere perfettamente sovrapposta.
Immaginiamo per esempio il francese in Francia e il francese del cantone francese della Svizzera, oppure l’inglese che si parla nel Regno Unito e l’inglese che si parla in Australia. Questi contenuti hanno sostanzialmente la stessa lingua, anche se potrebbero avere delle differenze all’interno dei testi.
Con la segnalazione del tag hreflang aiutiamo Google a non cadere nell’errore di pensare che si tratti invece di contenuti duplicati per fare massa.
Di nuovo, però, anche alla luce dei commenti fatti da Mueller, è chiaro che potremmo trovarci comunque nelle condizioni di vedere il pubblico reindirizzato verso un sito con un link che viene considerato canonical rispetto anche alla variante.
L’occasione di questo scambio di messaggi su Blue Sky ci permette anche di fare un piccolo approfondimento riguardo quello che è il modo migliore di gestire il tag e se hai un sito multilingua.
Già a partire dal commento lasciato dallo stesso McCarthy dopo che Mueller si è messo a guardare da vicino la situazione dei siti francesi e francesi per il pubblico belga che sembravano fare i capricci.
È venuto fuori che il problema del tag hreflang che non sembrava funzionare a dovere in realtà era legato al modo in cui erano scritti gli URL. Il tag funziona nel modo corretto solo se gli URL alternativi sono scritti nella maniera corretta e completa che ci si aspetta, quindi tutti dotati anche di parte iniziale ovvero http o https.
In più occorre ricordare che nel momento in cui si genera una versione alternativa, il tag deve essere propagato a tutte le pagine di quella versione specifica. Indicare solo l’home page risulta quindi un errore perché la ricerca, e questo lo sappiamo bene, non rimanda sempre all’home page di un sito web.
Se un contenuto interno con una variante linguistica non viene correttamente indicato dal tag, potrebbe essere considerato addirittura contenuto duplicato.
Da notare anche l’eventuale uso di x-default. Si tratta del valore che viene assegnato al tag se per un determinato Paese non è presente una versione localizzata.
Con il valore x-default si indirizzano gli utenti verso quella che è considerata la pagina che potremmo definire di riferimento e da cui sarebbe bene l’utente venga messo nelle condizioni di scegliere la lingua in cui vuole esaminare il sito web.
La pagina con il tag hreflang x-default potrebbe quindi essere la pagina di selezione della lingua del sito: un modo intelligente per continuare a parlare con gli utenti anche se tecnicamente non hai contenuto da offrire nella loro lingua madre.
Importante poi, ma questo vale per ogni pagina di qualunque sito web, controllare che le versioni cui rimandano gli URL con il tag hreflang non producano codice di errore.
Da ultimo, parlando di tag hreflang e canonical, è importante notare che non è possibile avere contemporaneamente entrambe le indicazioni.
Se una pagina in cui va inserito il tag hreflang diventa anche pagina canonical, occorre che venga costruita una stringa di codice per ciascuno dei due elementi.
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