Tra animazioni nascoste, codici segreti e messaggi ironici, gli Easter Egg ricordano che il Web è fatto anche di gioco e immaginazione.
Quando si parla di Web, non si tratta soltanto di algoritmi, codici e funzionalità, ma c’è anche spazio per il gioco e l’ironia. Un esempio sono gli Easter Egg, piccoli segreti che vengono nascosti dai programmatori all’interno di siti web, software e anche protocolli di rete. Spesso si tratta di sorprese che riguardano la cultura geek, ma non solo.
Inizialmente, gli Easter Egg sono diventati famosi soprattutto grazie al mondo dei videogiochi. In seguito, sono diventati una tradizione del Web e, ormai, anche nei browser e nei protocolli vengono nascosti ogni giorno. Scopriamo alcuni degli Easter Egg nascosti nei browser e nei protocolli.
Gli Easter Egg di Google, browser e protocolli
Tra i più famosi ci sono – senza alcun dubbio – gli Easter Egg di Google. Qualche esempio? Digita nella barra di ricerca parole come “do a barrel roll” e vedrai il tuo schermo ruotare di 360 gradi. Scrivere, invece, “askew” fa inclinare la pagina web. Oltre a Google, ci sono anche browser come Mozilla Firefox o Microsoft Edge. Digitando “about:mozilla” nella barra degli indirizzi di Firefox fa la sua comparsa un messaggio particolare.

Edge vanta, invece, schermate retrò e mini-giochi, che rendono omaggio alla storia dei videogame. Nel browser Google Chrome, digitando “Chrome://Dino” quando si è offline, invece, si attiva un giochino a 8bit in cui si deve far saltare un cactus a un dinosauro. Che dire, poi, dei protocolli? Anche in questi, alcuni sviluppatori hanno inserito delle sorprese.
Pensiamo, ad esempio, al codice HTTP 418 con il messaggio “I’m a teapot”, nato come pesce d’aprile nel 1998. Era una sorta di gioco, ma anche testimonianza di quanto gli sviluppatori si sappiano anche prendere poco sul serio. Ormai, è un meme tra i programmatori. Tutti questi dettagli nascosti narrano un lato diverso della tecnologia, fatto di creatività, umorismo e un lato umano. Scopri anche come passare da HTTP al protocollo HTTPS su WordPress e i segreti nascosti nel logo di Google.


