Il Garante della Privacy ha istituito nuove regole in tema di marketing online: chi non le rispetta rischia multe salate
Se sei una realtà che guadagna online devi sapere che adesso alcune azioni che prima erano poco regolamentate potrebbero far rischiare multe altissime, in base all’entità del danno, che a volte possono superare anche le centinaia di migliaia di euro. Il primo a dover pagare per l’errore è Facebook, il social di Meta che per anni ha permesso la propagazione di dati sensibili come nomi, cognomi, dati anagrafici ma anche parti di messaggi privati e fotografie, a terzi.
Secondo quanto dichiarato da Facebook si è trattato di un errore dovuto ai sistemi di privacy incapaci di gestire una mole di dati così ampia. A prescindere dal fatto che gli intenti siano stati in buona fede o volti a ulteriori enormi guadagni, il fatto sta che l’azienda è stata costretta a sborsare milioni per riparare il danno su cui si era iniziato ad indagare con Cambridge analytica già nel 2018, ma venuto fuori successivamente.
Meta cedeva dati privati di milioni di utenti, attualmente il colosso ha puntato tutti gli investimenti sulla privacy per evitare ulteriori perdite, ma il danno è stato salato e verranno ripagati tutti coloro che manderanno il form compilato e risulteranno tra le persone che hanno subito la fuga di dati. In queste ultime settimane anche un’altra azienda è stata costretta a pagare 300mila euro per via di un comportamento scorretto sul web scoperto dal Garante Privacy.
Il Garante Privacy inasprisce i controlli: chi fa marketing online deve evidenziare l’uso dei dati degli utenti
Il Garante privacy ha sanzionato una società che offre servizi di digital marketing con una multa di 300mila euro per aver trattato in modo illecito dati personali a fini di marketing. La compagnia inviava agli utenti presenti nel proprio database i messaggi ricevuti dalle società sue clienti (tutte di medio-grande dimensione e alcune molto conosciute) per effettuare campagne promozionali via sms, email e attraverso chiamate automatizzate.
Il database era stato creato grazie ai dati raccolti direttamente dalla società attraverso i propri portali online (di notizie, concorsi a premi, curiosità, ricette di cucina), ma anche da informazioni personali acquistate da broker di dati. Un’organizzazione studiata tanto da essere impeccabile.
Negli stessi portali, l’Autorità ha trovato diverse discordanze, come ad esempio l’incapacità di mostrare realmente che l’acquisizione del consenso per l’invio di messaggi promozionali fosse comunicato in modo consenziente da parte dell’utente. Anche l’invito a cliccare su un link che conduceva ad un altro sito per scaricare un e-book, con i dati di profilo dell’utente già riconosciuti e i consensi privacy già tutti selezionati. Da questo momento in poi ci sarà molta più attenzione in merito al trattamento dei dati personali tra le parti commerciali che lavorano nell’intera filiera del marketing online: non si possono più fare errori.