Il famoso ChatGPT potrebbe ritornare in Italia, ma per poterlo fare deve rispettare delle regole ben precise. Ad affermarlo è stato il Garante della Privacy.
Ormai sono settimane che in Italia si discute della famosa intelligenza artificiale sviluppata da OpenAI, soprattutto per le ripercussioni che potrebbero esserci se fosse utilizzata da tutti. Infatti, l’Italia è stata la prima nazione al mondo a sospendere il servizio il 31 marzo 2023, a causa di un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali.
ChatGPT ha l’obiettivo di tessere una vera e propria conversazione con un essere umano, rispondendo a tutte le domande che gli vengono fatte. Ma come fa a sapere tutto? Il cervello artificiale di ChatGPT cerca la risposta navigando su internet, mescolando tutte le informazioni inerenti alla domanda, ed infine riesce a fornire una risposta che è figlia di tutto ciò che ha visto in rete.
Tuttavia, per l’Italia il problema di questa macchina intelligente nasce proprio per queste ricerche compiute in rete. Infatti, cercando e mescolando informazioni in modo libero su internet, si rischia di carpire informazioni false (le famose fake news), o peggio ancora, si rischia di prendere informazioni personali protette dalla privacy. Ecco cosa ha dichiarato il Garante della Privacy in merito al famoso cervello artificiale ChatGPT. Sicuramente non sarà facile ritornare in modo libero in Italia, ma se ci fossero delle regole ben precise il ritorno sarebbe più semplice.
Le regole da rispettare per ChatGPT
Il Garante della Privacy italiano ha scritto alcune regole che devono essere rispettate dalla OpenAI entro il 30 aprile 2023, per avere l’autorizzazione a riportare in Italia ChatGPT. Tuttavia, tra le tante regole da rispettare, ce n’è una in particolare che complicherebbe la vita allo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa.
Per la precisione, il Garante della Privacy vuole che la OpenAI inserisca uno strumento che dia la possibilità a tutte le persone, che utilizzano ChatGPT in Italia, di chiedere la rettifica dei dati personali inesatti nelle risposte generate dalla macchina.
La OpenAI ha affermato che ChatGPT non cerca su internet le informazioni personali e, soprattutto, è addestrato a carpire solo dati pubblici e dati concessi in licenza alla OpenAI. Pertanto, se si volessero rispettare le nuove regole italiane, il cervello di ChatGPT avrebbe bisogno di un nuovo lungo addestramento, che in quel caso verrebbe fatto solo per l’Italia. Un’altra soluzione sarebbe quella di inserire una specie di filtro con delle parole chiave. In altre parole, a talune domande (con parole chiave specifiche) ChatGPT non darebbe una risposta inerente ai dati personali.