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Una buona strategia di marketing si compone di tutta una serie di elementi che devono funzionare insieme. Alcuni aspetti sono più creativi, altri più tecnici. Tra gli aspetti tecnici che non vanno tralasciati c’è anche il retargeting.

Cominciamo col darne una definizione dal punto di vista dell’utente finale.

Immagina di essere andato su un sito web che vende scarpe sportive. Hai passato del tempo su questo sito di scarpe, hai guardato qualche modello, però poi alla fine non hai comprato nulla.

Dopo un po’ di tempo, non molto in realtà, le pubblicità targettizzate che appaiono sui siti che frequenti di solito sembrano suggerirti che è arrivato il momento di comprare delle scarpe sportive e, guarda caso, sono scarpe sportive che vengono dal sito che hai visitato.

Questo è il retargeting in azione. Si tratta, passando a una definizione dal lato di chi deve piazzare il proprio prodotto, di una tecnica per cui si cerca di instaurare un qualche nuovo legame con un possibile cliente che ha dimostrato già di essere interessato a quello che offri.

È un po’ come se mettessi un volantino nella sua cassetta della posta nel momento in cui lui sta pensando al prodotto che tu effettivamente puoi offrirgli.

Questa è la definizione più semplice che si può dare delle attività di retargeting, ma vediamo adesso più nel dettaglio come si fa, quali sono gli errori in cui si può incappare e anche gli eventuali limiti che vanno conosciuti e che si possono superare utilizzando altre tecniche.

Guida al retargeting, cominciamo dalle basi

La prima cosa da sapere è che il retargeting alcune volte viene confuso con un’altra tecnica che si chiama remarketing.

In realtà le due tecniche funzionano, o almeno all’inizio di internet era così, su tipologie diverse di utenti. Il retargeting era infatti destinato a chi non era effettivamente già cliente, mentre il remarketing serviva per riportare i clienti che avevano già fatto acquisti sulla determinata piattaforma verso quella stessa piattaforma.

Le tecniche utilizzate sono quindi diverse. Se il remarketing per esempio utilizza le email personalizzate, gli SMS e tutti i punti di contatto che l’utente, già diventato cliente, ha già lasciato per esempio compilando un modulo, nelle tecniche di retargeting occorre fare affidamento alle metriche ma soprattutto occorre organizzare una campagna pubblicitaria che arrivi effettivamente là dove deve arrivare.

Si fa quindi più ricorso agli strumenti di terze parti rispetto al remarketing. Ma lo scopo ultimo è lo stesso ed è per questo che spesso le due strategie sembrano sovrapporsi: sia con il retargeting sia con il remarketing lo scopo è riportare o portare qualcuno su un sito web e convincerlo in qualche modo a fare un acquisto.

Il percorso per cui si arriva al retargeting

Capito cos’è il retargeting, cerchiamo adesso di vedere quali sono gli elementi che compongono un percorso di retargeting.

Fondamentali sono i pixel o i tag che vengono inseriti all’interno dei siti web e che servono a captare di volta in volta il comportamento all’interno delle pagine e del sito di un utente.

Tutto questo finisce poi all’interno di un cookie. Quando vengono raccolti sufficienti dati riguardo un numero importante di utenti, questi utenti vengono poi riorganizzati in gruppi in maniera tale da capire quelli che fanno parte più facilmente del proprio target audience e quelli che potrebbero farne parte.

La cosiddetta segmentazione avviene all’interno di strumenti di marketing oppure piattaforme come Google Ads. Una volta organizzato il pubblico, si può passare alla creazione di messaggi personalizzati che raggiungono i gruppi che si sono creati prima.

Questo avviene perché specifici template vengono collegati a specifici gruppi e quindi in un certo senso si trova il target, l’obiettivo, dei singoli gruppi.

Trovati i collegamenti si scelgono i canali di comunicazione che si vogliono attivare. Gruppi diversi di utenti infatti prediligono anche canali di comunicazione pubblicitaria diversi.

A seconda dell’età e delle abitudini potresti per esempio organizzare delle campagne pubblicitarie sui social oppure su altri siti web o ancora acquistare spazi Google Ads per far comparire il tuo prodotto all’interno dei risultati di ricerca.

come fare retargeting senza cookie

Retargeting e privacy

Visto che tutta la macchina del retargeting parte nel momento in cui un utente lascia degli input e questi input vengono raccolti da un cookie, è importante parlare anche dell’aspetto legato alla privacy.

Anche perché, nonostante Google abbia fatto marcia indietro sull’argomento della trasmissione dei cookie, ci sono comunque legislazioni nazionali e internazionali che hanno l’unico scopo di dare agli utenti un po’ più di privacy e un po’ più di scelta e che quindi potrebbero potenzialmente rendere inutili buona parte degli sforzi delle campagne che iniziano proprio dalla raccolta dei dati personali e delle abitudini.

Che cosa si può fare? Ciò che devi assolutamente implementare è un sistema di consenso. Perché anche se i cookie rimarranno, gli utenti cercano sempre più spesso sistemi per evitare di regalare i loro comportamenti e i dati personali e a lasciare troppe impronte online.

Per esempio sono in crescita i browser che bloccano completamente le pubblicità, i browser che non raccolgono dati personali e che quindi non offrono potenzialmente bricioline con cui costruire poi la tua campagna di retargeting.

Occorre per questo motivo essere invece totalmente trasparenti con gli utenti che visitano il tuo sito web e permettere loro di scegliere cosa e come trasformare in un eventuale canale di comunicazione.

Importante è anche ricordare che non solo per la gestione dei dati e dei cookie è necessario avere una pagina in cui l’utente può esprimere il consenso, ma che questo stesso consenso deve essere all’inizio del percorso con cui per esempio raccogli i dati come indirizzo email e numeri di telefono per campagne marketing da fare attraverso email e messaggi.

Non c’è nulla di più pericoloso per la reputazione di messaggi, email o altro che arriva senza che si sia dato un reale consenso a ricevere queste comunicazioni.

Si può fare retargeting senza cookie?

Già a partire da quello che abbiamo visto poco prima riguardo il consenso alla raccolta di dati personali quali indirizzo email e numero di telefono per portare avanti campagne di marketing, la domanda può diventare ancora più estrema: si può fare marketing e quindi anche una campagna di retargeting assolutamente senza utilizzare nessun biscottino digitale?

Occorre essere creativi e organizzare dei punti di contatto solidi e a loro volta creativi.

Se infatti gli utenti non vogliono più saperne di qualcuno che spia ogni loro mossa e che poi mostra loro pubblicità una dietro l’altra solo perché hanno passato cinque minuti su un determinato sito web, quello che si può fare è trasformarli in soggetti attivi anziché mantenerli come oggetti passivi.

Soluzioni come l’organizzazione di piccoli quiz, momenti di condivisione sui social, stimolo alla creazione di contenuti possono essere tutti modi in cui puoi raccogliere dati da utilizzare nelle tue campagne di marketing e anche, un bonus da non sottovalutare, aiutare il tuo nome a farsi conoscere al di là proprio di quegli spazi ad che magari una persona che usa un browser che li blocca in automatico non vedrebbe comunque.

La rete si è purtroppo totalmente saturata di pubblicità e questo significa che per trovare il proprio pubblico occorre lavorare in maniera nuova e trasversale.

Entrare in contatto diretto con il possibile target delle proprie campagne pubblicitarie è un sistema che supera anche tutti i limiti del retargeting. Entrando in contatto direttamente con quegli utenti che hanno avuto esperienze positive con te puoi trasformarli involontariamente in ambasciatori e influencer. Saranno loro a raccontare a chi non ti conosce quello che fai, quello che offri e anche a invitarli a partecipare al prossimo quiz.

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