Può capitare anche ai plugin migliori di avere un problema. Quello che è emerso all’interno di Yoast SEO è un bug che, nonostante non fosse qualcosa di ampiamente distruttivo, è di certo un piccolo incidente che non dovrebbe accadere.
Se anche tu utilizzi i servizi di Yoast SEO, sia con la versione gratuita sia con la versione Premium a pagamento, è necessario controllare di aver aggiornato tutto. Ecco infatti cosa c’è sul tuo sito che non si vede e non dovrebbe neanche esserci.
Bug Yoast SEO, problemi nell’HTML
Abbiamo parlato di recente proprio di Yoast SEO e del fatto che la società ha aggiornato il suo tool di ottimizzazione mediato dall’intelligenza artificiale anche all’interno dell’editor classico, per tutti quelli che ancora non hanno digerito la presenza di Gutenberg.
Questo strumento consente di avere a portata di mano in modo un po’ più interattivo e personalizzato i suggerimenti che gli strumenti di SEO già forniscono. Pare però che ci sia stato un piccolo inconveniente dietro le quinte.
Alan Bleiweiss su BlueSky ha pubblicato infatti una foto di una parte di un testo, visto attraverso l’HTML, passato attraverso il servizio di ottimizzazione di Yoast SEO.
Ogni riga era stata contrassegnata con un tag HTML che segnalava che il testo era stato sottoposto ad analisi da parte dello strumento con intelligenza artificiale. Nella finestra dell’editor che tutti utilizziamo, se non abbiamo bisogno di andare a cambiare la formattazione, di questi tag chiaramente non c’era traccia.
E in effetti non hanno nessuna interferenza con l’aspetto o con il funzionamento del testo per cui sono stati incidentalmente creati. Ma, è chiaro, la presenza di tag non richiesti e che appaiono solo perché forse non sono state fatte tutte le valutazioni del caso è decisamente fastidiosa.
Yoast SEO ha pubblicato un aggiornamento riguardo la questione sul proprio sito web spiegando che si tratta di classi che vengono aggiunte per sbaglio ad alcuni utenti e che, come dicevamo, non hanno nessun impatto sulla funzionalità ma che “non sarebbero dovute essere state aggiunte”.
Nel giro di poco è arrivata anche la soluzione con un fix per chi ha riscontrato il problema. Tutte le classi HTML che sono state aggiunte per errore, continua l’annuncio ufficiale, sono state rimosse automaticamente e quindi da parte dell’utente non c’è da fare nulla se non aggiornare il plugin che si utilizza.
Il fix, quindi, rimuove le classi ma per il plugin Yoast SEO nella sua versione con AI Optimize per l’editor classico si è a quanto pare reso necessario anche un passaggio ulteriore. Per risolvere il problema e fornire una soluzione migliorata che non contenga questo genere di classi e di elementi non voluti dagli utenti, la versione del servizio AI Optimize di Yoast SEO è stata temporaneamente disabilitata.
Questo significa che per avvalersi dei servizi di controllo con l’intelligenza artificiale si può passare solo attraverso Gutenberg.
La domanda che si sono posti molti online, una volta emerso questo problema delle classi HTML, è se la presenza delle classi, che sono un chiaro riferimento al fatto che in qualche modo un’intelligenza artificiale ha lavorato al testo finale, vada a influire sul ranking dei contenuti.
Una domanda legittima soprattutto perché, anche se le classi di questo tipo non si vedono, se vengono aggiunte al contenuto in qualche modo sono un segnale anche per gli eventuali bot.
In linea teorica non abbiamo informazioni riguardo il fatto che Google esamini e classifichi i contenuti anche in base alla presenza di queste classi. Il problema potrebbe però porsi nel futuro se la società dovesse implementare per esempio nuovi modi per scandagliare la rete e per classificare i contenuti in base anche alla presenza di queste classi che segnalano che il contenuto non è umano al 100% o che comunque c’è stato un intervento di assistenza.
La questione del watermarking
Data l’esplosione dei servizi legati all’intelligenza artificiale e all’intelligenza artificiale generativa, si è venuta a creare una situazione per cui le società che producono questa intelligenza artificiale si trovano in qualche modo anche costrette a dover riflettere se sia giusto inserire qualche segnale che il testo o l’immagine prodotta non è frutto di un’intelligenza umana che ha lavorato da sola.
Guardando alla questione dal punto di vista di queste società, riuscire ad avere dei testi che sono indistinguibili da quelli che produrrebbe un essere umano significa che gli esseri umani che utilizzano i servizi si trovano per le mani con qualcosa che possono far passare per proprio senza troppo sforzo.
Se però, volontariamente o per imposizione, ci si dovesse trovare con la necessità di inserire dei piccoli brandelli di codice che devono identificare il contenuto generato dall’intelligenza artificiale, tutto questo diventerebbe un problema e allo stesso tempo una soluzione.
Un problema perché chi fa largo uso di intelligenza artificiale generativa per contenuti di ogni tipo rischia di essere poi rintracciato più facilmente e, lavoriamo per ipotesi, magari penalizzato rispetto a chi invece produce i testi totalmente puliti.
Allo stesso tempo, una legislazione che obbligasse a inserire un watermark per i contenuti che sono stati prodotti a partire da un prompt potrebbe servire effettivamente per avere una bussola in più come utenti per scegliere consapevolmente a quali tipi di contenuti esporsi.